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Radar. Lettura e ragazzi a Roma

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(Dal giornale on line "Chair", articolo del 18 ottobre)

“Un uomo che legge buoni libri non ha alcun vantaggio rispetto a quello che non sa leggere”  (M. Twain)
I libri: nutrimento per lo spirito e per il corpo, mezzi che permettono di fare viaggi in altre epoche e in posti meravigliosi (più o meno lontani), un modo per alimentare la mente, per allontanarsi per qualche ora (o minuto che sia) dalla realtà che ci circonda. Un modo di insegnare senza prezzo: soprattutto per i bambini.
Ma cosa colpisce oggi maggiormente un ragazzino in una libreria? I colori e le copertine? Il proprio personaggio dei cartoni animati preferito? Può sembrare paradossale, ma i piccoli lettori hanno diverse pretese.


Sui requisiti che deve avere un libro, un tempo avrei risposto le figure e la veste grafica. Oggi non è più così. I bambini hanno bisogno di testi da vivere. Perché nell’era di internet e del digitale, si ha un esigenza quasi fisica del libro e del testo da leggere al di là delle “figure”. Do per scontato, naturalmente, il contenuto: quello era essenziale, deve essere essenziale e soprattutto deve trasmettere qualcosa. Deve fargli capire che con quelle pagine entrerà in un mondo favoloso”.

Queste le parole di Cinzia Giorgio, organizzatrice di Radar, il primo Salone di letteratura per ragazzi di Roma, dedicato ai libri rivolti ai più giovani, che si è svolto dall’11 al 14 ottobre al centro Elsa Morante di Roma (zona Eur). L’evento, col patrocinio di Biblioteche di Roma e del Municipio Roma IX, ha visto quattro giorni intensi di eventi, manifestazioni, incontri, proiezioni, fumetti, videogiochi gratuiti a cura del Vigamus, il museo del videogioco di Roma. Diverse case editrici (di cui parecchie siciliane) hanno esposto i loro libri per ragazzi. Inoltre incontri con autori come Giulio Leoni e Francesco Falconi di Mondadori, Giovanni Nucci di Salani, Roberto Genovesi di Newton & Compton; tra gli ospiti il conduttore televisivo Tiberio Timperi e le giornaliste Carla Cucchiarelli e Roberta Ammendola del Tg3 Lazio.



Radar è un progetto culturale prima di essere anche un luogo di incontro e scambio per ragazzi, genitori e operatori del settore. L’idea è nata dal direttore delle attività culturali del centro Elsa Morante di Roma, Pier Luigi Manieri, che ci ha riuniti per organizzare il salone. La mia competenza editoriale mi ha portata a contattare le case editrici del settore ragazzi. Il dietro le quinte è fatto di giorni di lavoro intenso ma molto appagante. Come quando ti fermano le mamme e ti chiedono con gli occhi lucidi se l’iniziativa proseguirà nel tempo!”.
Queste le soddisfazioni, vere e sincere, degli addetti ai lavori, soddisfatti del bilancio e augurandosi per l’anno prossimo “un coinvolgimento maggiore delle scuole, magari non solo di Roma”.








Saggezze di Italo

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"L'arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s'accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla".
 (da "Il cavaliere inesistente" di Italo Calvino)


"O Pamela, questo è il bene dell'essere dimezzato: il capire d'ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti. Ecco ora io ho una fraternità che prima, da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo. Se verrai con me, Pamela, imparerai a soffrire dei mali di ciascuno e a curare i tuoi curando i loro".
                                                                       (da "Il visconte dimezzato" di Italo Calvino)

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/comportamento/frase-176726?f=a:463>
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/libri/frase-181148?f=a:463>

I love Bukowski

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Sono stanco di vedere facce femminili ritoccate, tette strabordanti dalle scollature in concorrenza, culi in mostra, tacchi, trucchi fetish e gesti hard da donnacce, ormai non più distinguibili da quelle del mestiere. Voglio vedere donne con la loro femminilità nei gesti morbidi e gentili, nei sorrisi aggraziati, nelle movenze seducenti, ma accennate, dalle parole dolci e decise allo stesso tempo. Dai pensieri originali e nuovi. Vorrei vedere donne indipendenti, non succubi dell'uomo a cui immolano la propria dignità, femmine dai cuori di ghiaccio fuso, compagne e amiche dell'uomo, libere e sincere. Vere.





Animali noir... Quando gli animali (di cui diversi gatti) si tingono di giallo...

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Lo so, lo so... Faccio il mea culpa per non essere stata molto presente ultimamente... Tante cose in pentola tra università, giornali e poi... Una pubblicazione. Sì sì... Una bella pubblicazione di un mio racconto in una splendida antologia a cui hanno partecipato scrittori del calibro di Bruno Morchio, Margherita Oggero, Patrizia Debicke van der Noot e tanti altri... 
"Animali Noir", questo è il titolo, è stato presentato al festival del Giallo dal 18 al 20 ottobre a Cosenza. 


Gli animali come protagonisti, come compagni di vita dell'uomo, come detective e migliori amici; diversi  gatti protagonisti dei racconti (tra cui il mio, che si intitola "Vita da gatto randagio"), perché si sa... il gatto è un animale intrigante e misterioso, con i suoi occhioni inquisitori! Lo stesso Edgar Allan Poe si augurava "di poter scrivere in maniera misteriosa tanto quanto un gatto"... E se lo diceva lui... Maoooooooo!
Un onore fare parte di quest'antologia. Un'esperienza che porterò per sempre nel cuore. 
Ringrazio l'editore Falco, la giornalista e amica Cristina Marra e tutti ma proprio tutti tutti gli scrittori e le persone che mi sostengono e continuano a sostenermi.
Per info, contattatemi in privato su fb o via e mail (al-leone@libero.it). Bacioni


Ci si innamora di chi ci si innamora. Punto

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Buonasera a tutti! Vi riporto qui di seguito un bell'articolo di Daria Bignardi che ho appena letto, tratto da Vanityfair.it. 
Mi è piaciuto molto nella sua semplicità e allo stesso tempo profondità. Lo vorrei condividere con voi. Perché è inutile nascondersi dietro un dito... Ci si innamora di chi ci si innamora. Punto.



Carlo Gabardini è un attore. È noto soprattutto per il personaggio di Olmo, il responsabile informatico di Camera Cafè, la sit-com di Italia Uno. Non aveva mai sentito il bisogno di fare coming out. «Io della mia omosessualità non parlo mai perché penso non sia una notizia. Ma se la non-notizia di esser gay, nel momento in cui viene dichiarata da tutti i gay, può salvare anche solo un ragazzo dal proprio proposito di suicidio, beh, allora lo dico: io sono gay». Semplice. Se servisse anche solo a una persona al mondo, perché non dirlo?
Carlo lo ha fatto. E ha trovato parole semplici e leggere per spiegare che essere gay è normale quanto non esserlo. Non una colpa, non un problema, non un atteggiamento, tanto meno una deviazione. Come essere biondi, o castani, o magri, o sportivi.
Se io fossi il ministro Carrozza farei leggere la sua lettera in tutte le scuole e chiederei agli insegnanti di dedicarle un tema, una ricerca, una giornata di confronto e riflessione tra gli studenti, perché è molto efficace. Repubblica l’ha messa in prima pagina venerdì 2 novembre, qualche giorno dopo il suicidio di Simone, il ventunenne gay che ha lasciato scritto di sentirsi vittima dell’omofobia.

«Caro ragazzo gay, o bisex, o indeciso o boh, la vita è durissima, spesso è uno schifo, ma la propria identità sessuale non può mai essere un motivo per deprimersi, farsi del male, uccidersi. Scusami se ti scrivo, ma io ho bisogno di dirti una cosa: essere gay è bellissimo», comincia Carlo.
E riesce davvero a spiegare come proteggersi dall’omofobia: «Se tu finalmente ti convinci di essere nella tua squadra del cuore, la più splendente perché meglio definisce i tuoi gusti sessuali, beh, allora che ti frega che quelli di altre squadre ti prendano in giro? Se sono dell’Inter e un milanista mi urla “nerazzurro di merda” io me ne faccio un vanto… non mi lascio deprimere o far venire dei dubbi, non mi lascio convincere che quello sbagliato sono io, che quindi debba punirmi e possibilmente strapparmi di dosso questa brutta cosa o ammazzarmi. Ma neanche per sogno».

Definisce un contesto e una certezza: «C’è stato un tempo antico e pure lunghissimo in cui l’omosessualità non era assolutamente un problema, credo che nemmeno se ne parlasse; poi ci son stati secoli bui e buissimi di oscurantismo, arresti, lotte, morti, e battaglie vinte, e passi indietro, e leggi terribili e pena di morte, e tutto ciò in realtà dura tuttora in troppi luoghi. Però nel 2013 c’è una certezza che nell'intimo nessuno può misconoscere: essere gay o eterosessuali è assolutamente la stessa cosa». Fa esempi lampanti e risoluti: «Ovviamente troverai chi ti dice che le bionde sono stupide e i mancini subdoli, come sicuramente troverai anche degli etero che ti dicono che i gay fanno schifo, e incontrerai dei gay che ti ammoniscono che andare con le donne sia orribile e pericolosissimo, ma sono frange estreme ignoranti, sono slogan da tifoserie, niente che debba preoccuparci davvero».

Riesce a farti sorridere: «Quando sento qualcuno farneticare dicendo che l’omosessualità è una malattia, la mia prima ­reazione non è mai violenta o depressiva, piuttosto è la stessa identica che avrei se sentissi qualcuno dire “l’obesità è infettiva” o “masturbarsi rende ciechi”…  di solito gli sorrido come a un povero scemo, poi se mi va cerco pure di spiegargli che sta dicendo delle stronzate piuttosto umilianti, ma intendo umilianti per lui».
Insiste sul punto essenziale: «Se invece dopo le parole stupide di uno stupido vado a casa a piangere, e penso che farmi del male possa in qualche modo curarmi da questa terribile malattia che è “amare chi amo ed essere quello che sono”, sto facendo il gioco dello scemo».
E poi conclude con parole definitive e bellissime: «Io mi innamoro di Alessia, di Salvatore, di Caterina, di Dario, di Elena, di Cézanne, di Monet, di Gadda, di Philip Roth, di Tondelli, della Munro, non delle donne o degli uomini, non dei pittori o delle pittrici, e neppure degli scrittori o delle scrittrici. Ma ve lo immaginate nascere in un posto dove ti dicono: tu puoi amare solo le musiciste donna oppure i tabaccai maschi? Non è così. Ci si innamora di chi ci s’innamora. Punto».

Elvira Seminara: ironia e fantasia nella sua “Penultima fine del mondo”.

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 (tratto da giornale Chair del 4 novembre)
“Un’opera nata da un capogiro, la vertigine che provi danzando sull’orlo di un baratro. L’attrazione del vuoto, l’orrore del precipizio. Penso sia un malessere diffuso, la nostra è la Società della stanchezza, come ha teorizzato qualcuno. Viviamo in piena «epocalisse», l’epoca del finimondo. Poi, quando sei in piedi sul bordo e guardi in basso, senti quella splendida voce di Nietzsche : Hai ancora, nel cuore, stelle danzanti? E allora fai un passo indietro, sulla terraferma. E racconti una storia per non morire.” 
Così Elvira Seminara, giornalista, scrittrice e (non per ultimo) pop artist riguardo alla sua ultima creatura, “La penultima fine del mondo”. Un’artista completa la catanese, diretta e ironica, con un modo assolutamente personale di scrivere (penso alle sue fusioni di parole come “raccontaminare”, reinventando i rapporti tra esse. Anche da qui si capisce il suo amore per il riciclare, perché anche ciò che sembra ormai inutilizzato e inutilizzabile ha ancora in sé vita). Adora Calvino, “il suo modo di stare al mondo, il suo sguardo insieme scientifico e visionario, il suo gusto per le radici e il bisogno di futuro. Trovo le sue «Lezioni americane» esatte e profetiche. Non so se mi ha influenzato nella scrittura, a dire la verità. Piuttosto forse nell’impegno del dirsi”.


Leggendo e ascoltando Elvira Seminara si ha la sensazione che mette sempre un pizzico di magia alla realtà, senza tralasciare una più o meno velata polemica verso ciò che ci circonda. Uno spirito beffardo e ironico si percepisce già dal titolo ossimorico di questo noir metafisico, “La penultima fine del mondo” (per fortuna è la penultima e non l’ultima fine del mondo!): in un piccolo paese non specificato la gente comincia a morire, lanciandosi da balconi e scarpate. Così, senza un motivo apparente. Tutti con un vago e inspiegabile sorriso. La stampa internazionale, ovviamente, si riversa nella cittadina per documentare gli eventi, ma solo per un po’… quando, nel timore di un’epidemia planetaria, si spegnerà il faro dell’attenzione, gli abitanti resteranno nuovamente soli. “Questa è la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente”, diceva nel film “L’ultima minaccia” Humphrey Bogart.
Rimane solo uno scrittore di gialli: suo il ruolo di protagonista del libro, uno scrittore da festival, quasi antipatico inizialmente, presentandosi molto (anche troppo) trendy e cool, ma che comunque subirà un’evidente evoluzione (interiore e anche del look) con lo svolgersi della storia. Accanto a lui, tra gli abitanti,si distingue Don Cristoforo: un prete, un uomo con le proprie debolezze e i propri limiti, con paure e dubbi, “il personaggio più autentico e dolente, che sente su di sé la colpa di tutti, l’inadeguatezza”.
Che sia chiara una cosa: non stiamo parlando di un togliersi la vita, ma di un uscire dalla vita. Sorridendo. È una scelta ben precisa. Il che è ben diverso. Un chiaro/scuro di immagini balzano fuori andando incontro al lettore, delle scene oniriche che mi hanno fatto a tratti pensare ai film di Fellini.

E in futuro? Cosa bolle nella pentola (sembra senza fondo) di Elvira Seminara? “A novembre sarò a Varsavia e Cracovia, per presentare “L’indecenza” (pubblicato con Mondadori nel 2008), appena tradotto in Polonia. Sono molto curiosa di questo incontro, perché noi italiani siamo davvero poco tradotti all’estero. A marzo andrà in scena per il teatro Stabile di Catania la commedia “Scusate la polvere”, tratta dal mio penultimo romanzo, il che mi diverte molto. Per l’occasione, sto lavorando a una mostra di strani reperti creati sul tema del romanzo, che esporrò in contemporanea al teatro Musco. Ma non posso dire altro, rovinerei la sorpresa”. Chi vivrà, vedrà.

Emanuela Ersilia Abbadessa: una vita di cuore e musica

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(tratto dal giornale Chair del 18 novembre)
Emozione, passione, eleganza, tanto tanto cuore e musica: queste le sensazioni che mi ha trasmesso Emanuela Ersilia Abbadessa, musicologa, ex docente universitaria di Storia della Musica della facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania. Poi la delusione di un concorso di ricercatrice e la sua vita, che sembrava ben indirizzata in certi binari, è cambiata; la delusione è stata talmente cocente che ha caricato la macchina e si è trasferita a Savona. A volte la vita può riservare grosse sorprese, anche negative, che dobbiamo essere in grado di accettare. E magari di farne, col tempo, un punto di forza. Non è assolutamente semplice, ma storie come quella dell’Abbadessa fanno capire che la tenacia è fondamentale. Una vita intensa, quasi da film, vissuta al cento per cento, sempre da protagonista.
Con il suo romanzo di esordio Capo Scirocco (Rizzoli, 2013) ha vinto il Premio Rapallo-Carige 2013 per la Donna Scrittrice, il Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba R. Brignetti ed è stata finalista al Premio Alassio Cento Libri Un autore per l’Europa.
La ringrazio per questa intervista e per quello che mi ha trasmesso.
-Emanuela, cosa sognavi da piccola? Come è nato l’amore per la musica? E oggi ti senti realizzata?
Da piccola volevo fare la lavandaia, mi sembrava un lavoro pieno di soddisfazioni. Mia madre, infatti, sempre preoccupata che mi raffreddassi, mi impediva di giocare con l’acqua e, di contro, io vedevo ogni settimana donna Lina andare a casa di mia nonna e stare ore a lavare tutto il bucato, cosa per la quale veniva addirittura pagata. Lo trovavo magnifico: tenere le mani in acqua senza nessun rimprovero ed essere retribuiti per farlo! Direi che le mie aspirazioni sono state uccise dalla lavatrice.
La musica ho cominciato a studiarla a cinque anni, nella mia famiglia faceva parte del bagaglio di conoscenze di base che si dovevano avere: leggere, scrivere, far di conto e conoscere la musica. Una buona norma che, ahimè, è caduta in disuso ma che per me resta fondamentale.
Non ho mai inseguito la felicità ma ho sempre sperato di raggiungere un livello accettabile di serenità: la vita mi ha sorpreso, perché oggi sono veramente felice.

-Cosa ti ha insegnato la musica?
Soprattutto la disciplina.

-Con “Capo Scirocco” (Rizzoli) hai vinto la 29° edizione del Premio letterario nazionale “Rapallo Carige” per la donna scrittrice. Come è nato questo romanzo?
È nato dalle mie memorie, quelle della famiglia di mio marito e quelle della mia famiglia. La fuga di Luigi, il protagonista maschile di «Capo Scirocco», mi è stata ispirata dalla fuga di mio suocero che lasciò Caltagirone per Catania per poter studiare; la campagna laziale dalla quale proviene il personaggio è quella di origine della famiglia di mia madre.

-“Capo Scirocco” è ambientato in Sicilia. Cosa ti manca della tua terra? Cosa ti piace? E cosa cambieresti?
Della Sicilia mi manca soprattutto il cibo. La Sicilia è bella, è la mia terra ed io la amo profondamente. Naturalmente ci sono molte cose che non mi piacciono e che sarebbe meglio se cambiassero, ma la nostalgia degli emigrati è cattiva consigliera e finisce col farci amare tutto della terra che lasciamo.

-“Qualche mese fa una lettrice del mio romanzo, ritrovandosi il libro di mio marito tra le mani – Bellini Vincenzo in Catania (Maimone, 1985) – fotografò la dedica e mi spedì l’immagine: “Alla memoria di mio padre che cantava Bellini e di mia madre che lo accompagnava al pianoforte”. Ebbene, oggi quella dedica voglio ricordarla, perché dentro Capo Scirocco c’è un po’ di Enrico, un po’ di suo papà che cantava e di sua mamma che suonava”. Così nel tuo blog http://letteredalconvento.wordpress.com/, con una splendida lettera a tuo marito Salvatore Enrico Failla che hai voluto condividere con i tuoi lettori…
Mi ci sono voluti molti anni per farlo. Avevo scritto quelle righe dopo la morte di Enrico e le avevo mandate solo agli amici più cari. Nell’ultimo anno, grazie a Capo Scirocco, mi è capitato spesso di parlare in pubblico di mio marito e, come spesso avviene, qualcuno ci ha trovato da ridire. Io non amo l’esposizione del dolore e degli affetti privati ma mi sembrava che quella pagina potesse essere un piccolissimo tributo alla memoria di un uomo che è stato anche il mio Maestro.


Marta Czok a Catania

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Questa sera, a cura del MacS (Museo Arte Contemporanea Sicilia) di Catania, alle ore 20.00 nella suggestiva cornice del Castello di Calatabiano si terrà il vernissage della mostra antologica di Marta Czok, curata da Laura Cavallaro. Con l’artista Marta Czok saranno presenti il Direttore del MacS Giuseppina Napoli e il curatore dell’Antologica Laura Cavallaro. 


Laura Cavallaro (Curatore dell’Antologica) - “Quello di Marta Czok è un mondo di personaggi e cose visitato dapprima dentro di sé, alla stregua di un sogno, di un’epifania generata dall’eclettica fantasia di un’artista bambina e rivisitato, poi, dalla sensibilità e dal vissuto di una donna che la vita ha forgiato artista adulta e matura. Di origini polacche, venuta al mondo nel 1947, Marta Czok riesce a coniugare il suo sentire identitario con la forza espressiva della figurazione, stimolando così la comunicazione e la partecipazione sensoriale dello spettatore che diviene esso stesso metafora satirica del sistema sociale in cui vive e domina o, al contrario, dal quale è dominato. Così, questa mostra antologica di Marta Czok racchiude opere come “Un Napoleone qualsiasi” (1991), “The cake makers” (2004), “Robot” (2007), “Miracle solution” (2012), circa un ventennio, o poco più, di produzione artistica, in cui descrivere una molteplicità di istanti, immagini e significati, di intimità e di universalità. Un repertorio in cui il tratto preciso dell’acrilico e dell’olio si sposa con il segno più nebuloso del carboncino e della grafite, in cui personaggi dai volti ilari, dalle espressioni stranite e dai corpi torniti e pieni, convivono con più magre e seriose figure ed in cui lo spazio si fa, per vuoti e pieni, ma in esso ogni cosa vi trova il suo posto. Marta Czok dipinge l’esistenza ed il suo sentire è in mezzo. È lungo quel labile confine tra esistenza e non-esistenza, tra reale ed irreale, tra metafisiche e metaforiche realtà e potenti aneliti di denuncia e di speranza. È lungo quel confine che siamo anche noi, spettatori, straniti e consapevolmente straniati dal dispiegarsi davanti ai nostri occhi di un’opera d’arte”.  




Intervista a Marta Czok 
Da dove nasce la pittura di Marta Czok?

Credo che sia nata come me: nei campi profughi e poi in un nuovo paese, l’Inghilterra, di cui non capivo la lingua e con cui – all’età di cinque anni – iniziai a comunicare con successo attraverso il disegno e la pittura.
Cosa, di un suo dipinto, mette meglio a fuoco la sua personalità artistica?
Non ho mai riflettuto sulla mia personalità artistica. Non sono neppure sicura di averne o di volerne una. Non sono come quei pittori che si travestono per sembrare «artisti» – tutto quello che sono è nei miei dipinti quindi non sento il bisogno di apparire o parlare come un’«artista». Immagino che sotto sotto sono una rivoluzionaria e la mia battaglia è contro il ridicolo abuso di potere, che sia per mano dello Stato o della Chiesa, ed è tutto nei miei dipinti, anche se a volte lo inserisco in un modo delicato, cauto. È vero, nessuno oggi viene bruciato sul rogo, ma cosa potrebbe accadere domani? 

Può parlarci dei suoi padri spirituali?

Immagino che per “padri spirituali” s’intenda gli artisti che mi hanno ispirato. Non ce ne sono stati, anche se molti artisti mi hanno affascinato e alcuni mi hanno fatto infuriare, anche se solo momentaneamente. Tuttavia, ammiro mio nonno che è stato molto coraggioso nell’avversità e ha pagato con la sua vita durante l’eccidio di Katyn. Cerco di essere onesta e priva di paura come lo è stato lui, anche solo per dimostrare che i sacrifici della mia famiglia non furono vani. 

Come nascono i suoi dipinti?
Leggo molti libri di storia, e guardo i telegiornali, quale migliore fonte d’ispirazione ci può essere? Quando mi sento davvero sbalordita dalla nostra impotenza, dal nostro essere pecore, devo dire la mia e inizio a lavorare ai bozzetti e poi salta fuori un dipinto. 
Quali messaggi è possibile leggervi?
Il mio messaggio preferito è quello che noi, come pecore, possiamo tutti rialzarci e dire la nostra ogni volta che vogliamo, e non solo una volta ogni quattro anni, alle elezioni. Ancora una volta, nel profondo, il messaggio è “non fate agli altri quello che non vorreste foste fatto a voi”. Siate gentili.

Qual è il colore che meglio sposa la sua interiorità? 

Il mio colore preferito è il grigio. È tutto e nulla. È estremamente ricco, all’occhio attento e, almeno per me, ha anche una carattere subliminale.

In genere, che impressione cerca di suscitare in coloro che osservano i suoi dipinti?

Vorrei che le persone che guardano i miei dipinti si divertissero, si sentissero più potenti e mai sole. Ci sono molte persone là fuori che la pensano come me ma non hanno né il tempo né l’occasione per dire la loro. Spero di essere il loro portavoce, anche se solo sulla tela. 

Qual è la sua definizione di arte? 

Non ho mai pensato di definire l’arte. Non saprei come fare, ma magari potrei solo dire che la vera arte deve unire abilità tecnica a messaggi importanti. Una tela imbrattata è solo una tela imbrattata: va benissimo per dare un tocco di colore a una stanza, o anche per mascherare una macchia di sporco sulla parete.

Oggigiorno quali sono: funzione dell’arte e responsabilità dell’artista? 

L’arte dovrebbe aprire gli occhi e la mente. Certo, molto di ciò che oggi è chiamato “arte” – e mi riferisco sia alla pittura che alla scultura – è puramente decorativo ma anche quello ha la sua funzione in quanto è piacevole e rilassante tornare a casa e trovare un ambiente bello ed elegante. La responsabilità dell’artista è dare al suo pubblico qualcosa che valga la pena possedere. Ha la responsabilità di ricordare che la gente è intelligente e perspicace e che l’arte non diventa arte solo perché lo dice l’artista. Non basta appendere qualcosa in una galleria e illuminarla per bene per trasformarla in arte. Sarebbe come prendere in giro quelli che vengono a vedere questi lavori. La vera arte fa crescere l’anima del pubblico. Una scopa illuminata, per quanto costosa e per quanto lodata da critici e curatori di musei non riuscirà mai a farlo.

Progetti futuri? 

Ho molti progetti per il futuro e ho pochi anni a disposizione ma vorrei davvero produrre qualcosa che risvegli una passione infinita e permetta alla gente di rendersi conto della verità autentica, invece delle favole con cui ci imboccano costantemente i nostri “leader” manipolatori, che si tratti dello Stato o della Chiesa.


Biografia - Di origini polacche, Marta Czok è nata a Beirut (Libano) nel 1947. L’anno successivo si è trasferita con la famiglia a Londra dove ha terminato gli studi accademici alla St Martin’s School of Art, partecipando ripetutamente alla Royal Academy Summer Exhibition. Negli ultimi 25 anni ha esibito le sue opere in Europa ed America collaborando anche al progetto “Alitalia per l’Arte”. Nel 2000 Alitalia le ha commissionato un trittico che è stato poi donato a Giovanni Paolo II per il suo ottantesimo compleanno. Nello stesso anno è stata invitata dall’Ambasciata Francese presso la Santa Sede a realizzare un’opera sul tema del Giubileo che è stata esposta nell’ambito della mostra Roma Jubilans. Nel 2008 la televisione nazionale polacca le ha dedicato un documentario nel quale si evidenziava il rapporto tra il suo lavoro e la seconda guerra mondiale. Tra le sue mostre più recenti meritano una particolare segnalazione la mostra antologica che si è tenuta nel 2005 presso i Musei di San Salvatore in Lauro a Roma, la personale presso l’Abbazia di Pomposa (FE) del 2006 e la mostra tenutasi a Palazzo Ferrajoli (Roma) a gennaio 2009, al Museo Civico di Albano, a gennaio 2010, e a Palazzo Antico Ghetto (Padova), a gennaio 2011, dedicata ai bambini nella guerra e nell’Olocausto. Altra mostra degna di nota, About Us, che ha portato una selezione di opere dell’artista sul tema dell’umanità a Palazzo dei Papi (Viterbo), a marzo 2011, Palazzo Zuckermann (Padova) a ottobre 2011, e Palazzo Zenobio (Venezia) ad aprile 2012. Per finire segnaliamo Dietro le quinte, che si è tenuta a settembre 2012 presso le Scuderie Aldobrandini a Frascati. 



Cesare Bocci: un Lancillotto in difesa della cultura

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È uno degli attori italiani più amati, con uno sguardo magnetico e fascino da vendere che colpisce. Di presenza più che in televisione. Ho incontrato Cesare Bocci a Cosenza in occasione della seconda edizione del festival del giallo, che ha visto la partecipazione di firme di livello internazionale e importanti personaggi del noir italiano, letterario e televisivo. 


Cesare Bocci si è mostrato  ironico, semplice e profondo nel raccontare la sua scalata al successo, dal teatro a diverse fiction di successo, tra cui “Elisa di Rivombrosa” in cui vestiva i panni del medico Antonio Cappi, “Volare- La grande storia di Domenico Modugno, nel ruolo del malinconico principe Raimondo Lanza di Trabia, senza ovviamente dimenticare il vice commissario Mimì Augello ne “Il commissario Montalbano”.


Di origine marchigiana, a 23 anni si è trasferito a Roma per fare l’attore, lasciandosi alle spalle una “quasi” laurea in Geologia (aveva sostenuto tutti gli esami e gli mancava solo la tesi). “Bisogna studiare tanto per fare l’attore, è come un artigiano che deve avere il tempo di creare una sedia”, afferma con convinzione. Lo stesso parlare in siciliano è stato inizialmente una tragedia, per lui così come per tutti gli altri attori de “Il commissario Montalbano”, ad eccezione del ragusano Angelo Russo,il mitico agente Agatino Catarella. Impegno e sacrifici ricompensati dall’amore del pubblico e dai complimenti ricevuti, come quando Camilleri gli ha detto “ ieri hai fatto commuovere me e mia moglie per la tua interpretazione”. Si emoziona ancora a ricordare questo episodio. Ammette che per gli attori girare Montalbano è stato come stare in vacanza, con paesaggi da togliere il fiato, mangiando spaghetti alle vongole alle 9 del mattino per girare le scene e poi continuando a mangiarne ancora.  Un grande successo iniziato nel 1999, che ha avuto fortuna anche all’estero (è l’unica fiction italiana ad essere stata venduta anche in Danimarca).
Il teatro, comunque, gli rimane sempre nel cuore. Si percepisce nell’aria: parla in maniera entusiasta dello spettacolo del 2013 “Viva Verdi”, spiegando con passione le trame de “Il Rigoletto”, “Il Trovatore” e “La Traviata” in occasione del bicentenario della nascita del genio di Busseto. Quest’anno, invece, Bocci sta portando  in scena il recital “Parole d’amore”, selezione di poesie e lettere d’amore dei poeti e romanzieri che hanno fatto grande la letteratura italiana dal 200 al 2000. Trasmette amore per la cultura, mettendosi al servizio di essa a 360°, come un Lancillotto in difesa del ricordare e trasmettere ai più giovani. È anche questo che colpisce di Cesare Bocci.

Due minuti per una favola

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“Scrivo favole perché mi diverto. Scrivo favole per incontrare gente speciale. Scrivo favole per ritrovare i miei sogni bambini. Scrivo favole per impedire agli altri di raccontarmene, spacciandole come realtà”. Queste le parole di Annamaria Piccione, scrittrice siracusana, al termine del suo “Due minuti per una favola” (Sphaerae- Santocono editore, 5 euro).


Trenta miniracconti deliziosi, per grandi e piccini, che suscitano spontaneamente un gran sorriso e che narrano, tra le righe, l’eterna battaglia tra bene e male, tra vizi e virtù. Un papà, un po’ a corto di fantasia, chiede aiuto alla fata Luccichina per suggerirgli delle piccole storie da raccontare alla propria figlia prima di entrare nel magico mondo dei sogni. La fata Luccichina, ovviamente, non può tirarsi indietro davanti a una richiesta tanto importante.
Benvenuti, allora, in un mondo incantato, pieno di mille colori con scimmie talentuose che dipingono, torte di compleanno che girovagano volendo vedere il mondo, ragazzini svogliati allergici alla geometria, un re obeso del paese di Lardopoli che si sposerà con la principessa Grissina del regno di Acciugopoli. Per non parlare di briganti buoni, elefanti che vogliono rimettersi in forma, ragazze intrappolate nel corpo di una mosca, giocattoli che si svegliano di notte, piedi parlanti, un gatto che sogna di volare!


Non mancano gli insegnamenti di vita: mettere amore in tutto ciò che si fa, come insegna la locandiera Ingrid; la complicità e l’indissolubile legame tra fratelli (in questo caso Anna e Michele); il contadino Bob che non si abbatte mai nonostante le disavventure; la dolce fata Luccichina quando ricorda in una lettera al padre di non dimenticare mai le quattro F che riempiono la vita: fede, felicità, fantasia e fortuna.

Che meraviglia!  Una grande varietà di motivi, di intrecci, passando di pagina in pagina tra luoghi fantastici e contesti più reali. Indiscussa e indiscutibile la sapienza nell’utilizzo delle parole, con cui la Piccione si diverte e gioca, ennesima dimostrazione dell’abilità della scrittrice siracusana, amante dei gatti (nelle sue opere non può mancare mai, infatti, il caro amico felino), con una fantasia senza fondo, una sottile ironia e un modo di conquistare grandi e piccini con la sua semplicità e genuinità. Perché è sempre bello sognare. Ad ogni età.


Intervista a Luigia Sorrentino

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(Tratto dal giornale Chair, 24 aprile 2014)

“Scrivendo Olimpia, Luigia Sorrentino scrive il libro della sua vita. Olimpia punta all’essenza, tocca in profondità le grandi questioni dell’origine e della morte, dell’umano e del sacro, del nostro incontro con i millenni. Ha uno sguardo lungimirante: sguardo ampio, prospettico, a volo d’aquila”. Così Milo De Angelis scrive nella prefazione di “Olimpia” (Interlinea 2014), l’ultimo libro di poesie di Luigia Sorrentino, giornalista Rai, poetessa, ideatrice e conduttrice di programmi radiofonici quali “Notti d’autore” e del primo blog di poesia della Rai. E proprio dal blog sul sito di Rainews (http://poesia.blog.rainews.it/), che in breve tempo si è affermato come uno dei principali mezzi di divulgazione della poesia, della letteratura e delle arti in generale, in Italia e all’estero, è iniziata la nostra conversazione per Chair.


Cara Luigia, il tuo blog si è in breve tempo affermato come uno dei principali mezzi di divulgazione della Poesia, della Letteratura e delle Arti in generale, in Italia e all'estero.Quando è nata la tua passione per la poesia?

Ero seduta sui gradini di una spiaggia, a Diamante, in Calabria, di fronte a un mare calmo, in una calda notte di luglio e scrivevo una poesia dedicata a Beniamino, cameriere d’albergo. La luna rifletteva nell’acqua la sua luce bianca e scoprivo l’orizzonte che separa il mare dal cielo. Alle mie spalle, i pallidi ricami montuosi. Ero lì, presente, ma percepivo il limite di quell’esperienza, la distanza dal luogo in cui mi trovavo provvisoriamente. La professoressa d’italiano e latino, Giulia Albergamo, aveva assegnato la lettura, per l’estate, di un testo per ragazzi, “Il treno del sole” di Renée Reggiani. Il libro racconta la storia di Agata, vissuta fino a tredici anni in un ambiente di braccianti, in Sicilia, poi emigrata con la famiglia nel “Continente”, a Torino. Io mi sentivoAgata, provavo la sua stessa nostalgiaper il paese natìo, avvertivo la differenza tra la grande città e il piccolo paese del sud, dal quale anch’io provenivo… Avevo, come lei, un profondo desiderio di giustizia sociale. Imparai, leggendo quel libro, che il denaro e il successo rendono a poco a poco gli uomini terribili. Mio fratello mi rivolgeva la domanda di sempre: "Cosa vorresti fare da grande?" Rispondevo: "La missionaria", e lui scandiva la mia risposta: “La mis-sio-na-ria!”. Avevo undici anni.
Quella che chiamavo missione, era, in realtà, il compitoche avrei intrapreso in età adulta, quando, economicamente indipendente, mi sarei potuta dedicare alla poesia. Posso affermare, dopo questa lunga premessa, che il primo blog di Poesia della Rai, sul sito di  Rai News, è un desiderio di felicità collettiva, nato da un desiderio di giustizia sociale. Lo dedico a tutti quelli che silenziosamente ogni giorno fanno accadere qualcosa nel mondo della poesia, dell’arte e della letteratura. Perché non dar loro voce? Perché ignorare  creature come i poeti,  far finta che non esistano?



-   Cosa può insegnare la poesia oggi?

Nel lavoro di scavo sulla parola che fa il poeta, c'è un'esperienza e una conoscenza che si vuole trasmettere.  La poesia è una grande lezione di umiltà e di saggezza alla quale nessuna persona dovrebbe sottrarsi.Infonde pienezza, consapevolezza, gioia, perché scioglie nodi profondi che riguardano tutti. Non vi è mai nulla di strettamente personale in un testo poetico.  La poesia è donarsi nella parola, e chi la riceve, diventa consapevole, e quindi, compirà lo stesso gesto, donerà la parola a un'altra persona.
Chi legge la poesia, ha il desiderio di guardarsi, di riconoscersi, in una dimensione che scopre appartenere anche a se stesso. La poesia non deve essere capita, ma ascoltata. Il significato dell’ascolto arriverà molto dopo, con il riverbero di una voce che ti parla profondamente.


-   Quale è stato lincontro nella tua carriera che ti ha colpita e affascinata maggiormente?

Non c'è soltanto un incontro... Ci sono i silenzi degli incontri. L’osservarsi reciproco, l’ascoltarsi, dopo lunghe pause. C'è la condivisione di un amore disperato per la poesia, c’è la lettura di una poesia, il voler ricevere e il voler dare qualcosa. Certo, alcuni poeti che ho incontrato, sono indimenticabili e preziosi… Non dimenticherò mai Seamus Heaney che mi parla della sua infanzia, e, alla fine di una lunga intervista televisiva, mi legge “Anahorish 1944”, e poi “Chanson d’aventure”, poesia in cui Heaney rivive il trasporto in ambulanza verso l’ospedale a seguito di un malore che l’aveva colpito qualche anno prima. Tre mesi dopo, a fine agosto del 2013, ero in ferie dal lavoro, quando Domenico Molina, interprete e traduttore che aveva incontrato con me Seamus Heaney, mi ha raggiunto al cellulare per dirmi  dell’improvvisa scomparsa del grande poeta irlandese, premio Nobel per la letteratura. Non volevo crederci. Ho pianto per giorni… Mi ripetevo: “Non è giusto, non è giusto…”
Anche l’Italia è un paese di grandi poeti. Ho imparato qualcosa da ognuno di essi, ma direi, non solo dai poeti, anche da alcuni scrittori, filosofi, teologi e studiosi di fama internazionale. Non dimenticherò mai la grazia e la semplicità del porgersi di Mario Trevi, Emanuele Severino, Bruno Forte, Nadia Fusini, per rimanere in un ambito non strettamente poetico.

 -   Leggendoti, si nota il tuo amore per i classici, che lasciano insegnamenti eterni. Il titolo della tua ultima raccolta di poesia, “Olimpia”, ne è una conferma…

"Olimpia"è stata definita da una persona che stimo e con la quale condivido l'amore per la poesia,  un "prisma sapienziale". Mi è piaciuta molto questa definizione che è arrivata all'improvviso in una mail. Proprio come sono arrivati i versi di "Olimpia", senza alcun preavviso, ritornando in un luogo che avevo visto per la prima volta a quattordici anni. Queste poche parole mi hanno chiesto un titolo che portasse il nome di una donna, di una città, fra un respiro e l'altro, con un filo di voce, nel segno di una seconda nascita.

-   Quale filosofia di vita vuoi trasmettere attraverso la lettura di Olimpia?

 “Olimpia” ci dice che i luoghi decisivi del pensiero filosofico possono incontrarsi nella rivelazione poetica. Alcuni grandi filosofi e anche molti poeti l'hanno capito da secoli. Poesia e filosofia pongono, da sempre, le stesse domande che appartengono al destino della verità. I filosofi della tradizione occidentale ci dicono che l’uomo rifiuta l’oscurità della nascita e della morte, cioè vuole vincere, avere potenza, desidera diventare altro per salvarsi dall’angoscia del proprio destino. E a questo punto, la rivelazione poetica illumina il pensiero filosofico, sciogliendo il rapporto tra finito e infinito.
Da una parte, il mito della fondazione dell’universo riproposto in “Olimpia” ci rivela che l’umano deve separarsi dal divino, dopo lo smembramento, la lotta, per la supremazia, dall’altra ci dice che sarà necessario per l’umano il ritorno nello stesso luogo divino dal quale proviene, per ristabilire la giustizia, il sé sacro. Il debito tra umano e divino, quindi, si salda nel cerchio originario del destino.

-   Olimpia riunifica le parti separate, le congiunge, e dice che umano e divino sono dentro la stessa persona. Il divino e lumano sono un binomio imprescindibile all’interno della nostra società o ne prevale uno, vista la cronaca che ci insegue oggi?

Sicuramente oggi la cronaca prevale su tutto, purtroppo. In "Olimpia" il dato realistico è filtrato, c'è, ma non si percepisce automaticamente, perché questa poesia compie un gesto di opposizione e di contrasto alla realtà  per entrare in una riflessione che oltrepassa il proprio tempo. Il pensiero poetico di “Olimpia” si auto-emargina, ed è emarginato, dalla ferocia del presente. Ma se è vero quello che ho affermato prima, e cioè che l’umano ritorna nel medesimo luogo dal quale proviene per fondersi alla stessa natura dalla quale si è allontanato, non sarà difficile comprendere che vita-morte non sono entità separate: esse si ricongiungono a una stessa fonte, e ad essa si rigenerano.
"Poi qualcosa chiamò / precipitata e muta / lasciò che altri sapessero..." scrivo in una poesia di “Olimpia”. Spesso, quando accedo al luogo dove lavoro, a Roma, sussurro tra me e me, questi pochi versi, sempre gli stessi… e sento il battito del mio cuore accelerare. Mi da' gioia pensare che altri possano un giorno sentirsi chiamati dalla poesia. Perché quando la poesia si manifesta, è multiforme, sorride, e compie un gesto di libertà assoluta. Non si ha più paura di nulla, perché quella parola pronunciata fra le labbra, mette "al riparo" da qualsiasi offesa. La poesia è ardente, conserva una fecondità illimitata mediante la quale si recupera anche ciò che è  irrimediabilmente perduto.





Vuoti a perdere

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“Alle ventimila e più persone morte nel vano tentativo di raggiungere le nostre coste, sperando in una vita migliore. Ai volontari che in tutta Italia sono impegnati nell’assistenza di profughi e richiedenti asilo”.
Questa la dedica che Francesco Maria Magnano ha scritto con un inchiostro pieno di amore nel suo “Vuoti a perdere” (Melino Nerella edizioni, 10 euro). Amal, “Speranza” in italiano, è una giovane sveglia e intelligente, nata tra il 3 e il 4 ottobre 1993, proprio nella notte della battaglia di Mogadiscio (tanto che “i combattimenti cruentissimi lungo la linea verde, striscia di separazione tra le fazioni, avevano impedito ogni tentativo di trasferimento in ospedale”).


Una piccola Ulisse in gonnella, ma meno furba e scaltra dell’eroe omerico (almeno inizialmente perché la vita e le esperienze, si sa, possono cambiare parte di noi), la quale compie un viaggio impervio per la libertà e l’indipendenza, per scappare dalle ingiustizie e dalle restrizioni del suo Paese. Una Ulisse il cui fine non è tornare alla sua Itaca, città dove ha lasciato gli affetti e gli amici, ma arrivare a Lampedusa, che per la sua posizione tra le coste nordafricane e il sud d'Europa è stata ed è tutt’ora punto privilegiato d'approdo dell'immigrazione.
“Prima della classe, almeno fino alla chiusura forzata delle scuole, frequentava la quinta del liceo scientifico. I miliziani delle corti islamiche scoraggiavano la frequenza scolastica femminile. Ma il papà, Abdel Ghaffar, professore di Storia allo stesso liceo, aveva messo a soqquadro l’istituzione: Amal avrebbe studiato!”. Così si legge nella quarta di copertina di “Vuoti a perdere”, in cui l’autore sembra aver vissuto in prima persona il dramma del viaggio della speranza verso Lampedusa. Forse proprio perché Francesco Maria Magnano vive accanto agli immigrati, dirigendo da due anni un centro di accoglienza per coloro che richiedono asilo politico. Avrà sicuramente conosciuto molte Amal nella sua vita…
“Ho lavorato con i migranti.  Ne ho condiviso speranze e delusioni. Una parola mi risuona costantemente: “sciuè sciuè” , cioè “piano piano”. Assume un significato di pazienza e attesa, speranza e fede. Con l’aiuto di Dio piano piano speriamo di migliorare la nostra condizione. Se pensiamo alle nostre esistenze di agiati europei , mai la nostra crisi potrà essere nemmeno lontanamente paragonata alle carestie e alle guerre. Ci lamentiamo se non andiamo in vacanza”.
Un libro forte, “che si è scritto da solo”, come ammette Magnano, a tratti crudo e crudele, in cui la protagonistaè vittima di violenze e soprusi da parte dell’altro sesso, tanto che più volte ricorderà a se stessa di non doversi mai fidare degli uomini.
Una ragazza profondamente libera Amal, forte, con le idee chiare,  una vendicatrice del ruolo di schiavitù cui è costretta la donna nel suo Paese. La sua arma? La cultura. Quella cultura che le ha trasmesso fin da piccola il suo papà, il quale conservava tutti i suoi libri dentro un grande baule sepolto in giardino, perché, ovviamente, ogni libro, rivista e giornale veniva controllato a Mogadiscio (lo Stato aveva il proprio index librorum).

Papà Abdel Ghaffar trasmetteva oralmente con saggezza e infinita dolcezza il suo sapere alla figlia. La cultura aiuterà parecchio Amal nella sua odissea, facendole capire molto di più rispetto ai compagni di viaggio, che appaiono ciechi rispetto a lei. La cultura salverà il mondo e cambierà la vita di Amal?


Libreria Mondadori di Avola: un grande esempio in un piccolo centro

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È possibile oggi puntare sulla cultura? O per meglio dire… Conviene? Sarebbe a lungo termine  un colpo vincente o forse troppo azzardato e rischioso?Se foste un giocatore di poker che mossa fareste? Personalmente mi piace molto una frase di Aristotele in cui afferma che la cultura è un ornamento nella buona sorte, un rifugio nell'avversa”. Amo proprio l’immagine del rifugio, della cultura come possibile soluzione alle difficoltà (in fondo, le grandi domande dell’uomo rimangono sempre le stesse), come morbida e calda coperta di Linus con cui difendersi dalle intemperie.
Un esempio nella Sicilia orientale di questo “rifugio”, che può essere preso come punto di riferimento e come prototipo vincente per tante altre realtà, è la libreria Mondadori di Avola, in corso Vittorio Emanuele 269. Non una semplice libreria, ma un luogo d’incontro, di incontri con scrittori, di varie iniziative per grandi e piccini. 


Una grande struttura di tre piani nel comune in provincia di Siracusa noto per il famoso vino: sì, una sfida, anche perché  la libreria non è ubicata in un grande centro urbano, ma una sfida assolutamente riuscita, usando come armi la passione, la dedizione e l’intraprendenza. Con la voglia sempre di migliorarsi, di crescere e far crescere la società che la circonda. Ne abbiamo parlato con Delfio Inserra, titolare della libreria.
-Signor Delfio, in un periodo di crisi culturale, in cui molte imprese chiudono e i giovani emigrano dalla Sicilia, lei va contro tendenza ed apre questo splendido centro culturale in provincia di Siracusa. Complimenti! Come e quando è nata l’idea di creare una libreria Mondadori in un piccolo centro come Avola?
Lavoro in questo settore ormai da più di 30 anni. Ciò che mi spinge da sempre a cercare nuove idee è non fermarmi mai, la forte passione e l’entusiasmo per il mio mestiere. L’idea di creare una libreria è nata parecchi anni fa. Anche se siamo in un periodo di crisi non bisogna scoraggiarsi, ma cercare di creare qualcosa di positivo. Ho sempre ritenuto che un centro come Avola, seppur non molto grande, nasconda delle potenzialità rilevanti e non poteva non avere uno spazio vivo e pieno di iniziative culturali.
Penso che l’emigrazione dei giovani dalla Sicilia non sia necessaria, perché il nostro territorio è ricco di risorse culturali e ambientali, quindi ci sono le condizioni per creare economia. Di crisi del libro si parla da sempre e oggi a maggior ragione si registra un calo delle vendite, ma i lettori abituali continuano a resistere e l’intenzione è convincere i non lettori a entrare in contatto con questo mondo. Il mio obiettivo è cercare di realizzare un qualcosa di positivo per la mia città: per questo la libreria si propone come uno spazio vivo, accogliente e non un semplice negozio di libri.

-Tante le presentazioni, come quella dell’ultimo libro del magistrato siracusano Simona Lo Iacono, di Massimo Maugeri o di Elvira Seminara, solo per citarne alcune…
Il nostro scopo è rendere la libreria un luogo di ritrovo e qualcosa di più.  Abbiamo iniziato con i “Pomeriggi musicali” ospitando maestri di violino, chitarra e pianoforte, abbiamo continuato con le presentazioni dei libri di Paola Liotta, Elio Di Stefano, Simona Lo Iacono, Massimo Maugeri e abbiamo avuto anche il piacere di ospitare Paolo Di Stefano con il suo “Giallo D’Avola”. Con la collaborazione di Maria Grazia Schirinà e di Sebastiano Burgaretta abbiamo organizzato un autunno in libreria, ospitando scrittori del calibro di Loretto Rafanelli, Paolo Lisi, Elvira Seminara, Maria Attanasio, Annamaria Piccione, Orazio Caruso. Ci siamo spinti oltre il libro con un “Tè in libreria”, sorseggiando un tè con l’autrice Elvira Siringo. All’interno della libreria abbiamo anche creato un angolo tè e caffè per i nostri clienti.

-Una bella struttura di tre piani, accogliente, con spazi dedicati anche ai bambini. Se non sbaglio, nella vostra libreria sono organizzate diverse attività per i più piccoli.
La struttura ci consente di organizzare gratuitamente attività per i più piccoli, quali laboratori di canto, laboratori di musica, consulenza pedagogica per famiglie e insegnanti e laboratori di pedagogia associata al divertimento con la Dott.ssa Sebina Inturri nella creazione della Lanterna Magica. Cerchiamo ogni giorno di curare il rapporto con i bambini, perché i nostri lettori saranno loro, così oltre laboratori ed eventi abbiamo organizzato feste per bambini, sempre ad ingresso libero come il 6 gennaio per l’Epifania e una festa in maschera per Carnevale.

-Attenzione ai libri ma non solo: esposizione di quadri, degustazioni, pomeriggi musicali, quindi. Un modo per coccolare i vostri clienti e far capire che è possibile fare arte e cultura a 360°?
Il nostro obiettivo è offrire al cliente un posto non solo per acquistare ma per vivere, ascoltare, leggere , imparare e stare con gli altri. Vorremmo associare sempre di più l’arte al libro e per questo abbiamo arricchito la libreria con esposizioni di quadri e mettiamo a disposizione il locale per gli artisti che vogliono esporre le loro opere, per cercare di valorizzare al massimo il lavoro dei nostri artisti locali.

-Qual è stata la risposta di Avola alle vostre iniziative?
La maggior parte degli avolesi ha mostrato entusiasmo, anche se inizialmente non sono mancati gli scettici. Abbiamo avuto anche un riscontro positivo da parte degli abitanti della provincia, anche se per le potenzialità del locale speriamo in una presenza più numerosa.

-E in futuro? Quali altri iniziative ci aspettano alla libreria Mondadori di Avola?

Vogliamo di sicuro migliorarci. Stiamo cercando di organizzare dei pomeriggi di lettura per bambini e appuntamenti in libreria per le persone della terza età sorseggiando un tè o un caffè.



Una serata in saggezza...

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Per chi dunque si occupi di passioni e di contese e in esse si affligga, inevitabilmente tutte le sue opinioni saranno mortali, e neanche il più piccolo particolare trascurerà per diventare il più possibile mortale, incrementando appunto tale parte: chi invece si è occupato dello studio della scienza e delle riflessioni sulla verità ed ha esercitato soprattutto questa parte di se stesso a riflettere sulle cose immortali e divine, se viene a contatto con la verità, è assolutamente necessario che, per quanto sia ammesso dalla natura umana, prenda parte dell'immortalità, senza trascurarne neppure una parte, e, come colui che venera una divinità e mantiene in ordine il divino che abita in sé, sia particolarmente felice.
(dal "Timeo" di Platone)

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/filosofia/frase-190628?f=a:742>

Le anime del nespolo

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Il 9 agosto, nella splendida cornice della casa del nespolo ad Acitrezza, l’associazione antistalking e antiviolenza “Dignità donna”, presenta lo spettacolo “Le anime del Nespolo”,  scritto dall'amica (gattara) Antonietta Sturiale (qui nella foto con special guest gatto Crocco). 
Due gli spettacoli: ore 20.30 e 21.30; biglietto di 5 euro compreso di spiegazione della casa del nespolo e degustazione dei lupini (chi ha la coppola si prega di portarla... anche gatto Crocco sarà in prima fila!). Vi aspettiamo :)


TRAMA: 
Un visitatore del museo casa del nespolo respira e rievoca momenti di quotidianità della famiglia Toscano, “I Malavoglia”.
Ricordando i membri di detta patriarcale famiglia, appaiono come anime in cammino i personaggi citati: da Bastianazzo a Padron ‘Ntoni, da Maruzza la Longa al nipote ‘Ntoni, da Luca a Mena, da Alessi a Lia.
In brevi ma appassionati monologhi, interagiscono con il visitatore raccontando le loro interiori verità, le loro emozioni più nascoste accompagnati da musiche e canti.
La magia di una casa, il profumo del mare di Trezza faranno il resto.

Musiche originali: Alessandro Cavalieri

PERSONAGGI: INTERPRETI:

La visitatrice - BERTA CEGLIE
Bastianazzo - DAVIDE GULLOTTA
Padron ‘Ntoni - DAVIDE GULLOTTA
Maruzza La Longa - MARISA GIANNINO
‘Ntoni - EMILIANO BELLIA
Mena - AGATA RAINERI
Luca - GIUSEPPE CARBONARO
Lia - AGATA RAINERI
Alessi - SALVO MIRABILE
Voce: - AGATA RAINERI

Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev'essere. Veramente nel libro della parrocchia, si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua, e delle tegole al sole. 



Stasera Anna dorme presto

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Quattro storie, quattro destini che inevitabilmente si incontrano (e scontrano). Quattro portavoci delle debolezze degli uomini di oggi. Anna, moglie tradita e insoddisfatta, anima pura, ingenua, segnata dalla durezza della vita . Carlo, marito di Anna, affascinante principe del foro romano e amante di Elisa. Elisa, giovane e rampante avvocatessa, femme fatale della situazione (almeno, inizialmente, sembra sia così), ma che si trova perdutamente  innamorata di Carlo, cercando di "elemosinare amore", come cantava Mia Martini nel 1973 in "Minuetto". Infine Giovanni, cugino di Anna a lei legato da un particolare tipo di rapporto, un tipico amore "platonico"(come si scoprirà in seguito). Sono loro i protagonisti di "Stasera Anna dorme presto" di Simona Lo Iacono, terzo romanzo del magistrato siracusano, impegnata da qualche anno con grande successo nello scrivere (con il suo primo romanzo, "Tu non dici parole", ha vinto il Premio Vittorini 2009, sezione opera prima).

Punto in comune dei quattro personaggi è l’incapacità di comunicare, di capire veramente l'altro, di mostrarsi semplicemente per ciò che si è. Con coraggio, audacia e, magari, osando anche un pò. Invece niente. Per i loro limiti caratteriali e per la troppa paura, Anna, Elisa, Carlo e Giovanni non riescono a esprimersi. Di conseguenza, la loro sarà una storia di aspettative, di silenzi, di "vediamo se l'altro capisce attraverso uno sguardo cosa vorrei". Solo al termine del romanzo si potrà arrivare al bandolo della matassa, alla verità (concetto profondo, sì, e sicuramente complesso). "E allora sarà come assistere a un processo in cui ogni ruolo è ribaltabile nell'altro e tutti i punti di vista appaiono legittimi, perchè si sa che nella vita ognuno di noi è insieme vittima e carnefice". La Lo Iacono, in tutto questo, è un narratore super partes, la quale, con estrema sensibilità, non giudica, ma condivide le gioie e le delusioni delle sue "creature". Quasi una mamma, che con dolcezza, lascia sfogare tutta la frustrazione e la rabbia dei figli. Molto pirandellianamente, ognuno ha la sua verità. In effetti, Pirandello sembra influenzare molto la scrittura di Simona Lo Iacono. I suoi protagonisti indossano continuamente delle maschere, dei vestiti di una taglia sbagliata, che risulteranno, inevitabilmente, troppo stretti.
Ma come nasce questo romanzo? ”Alla fine di “Tu non dici parole”, ancora prima della sua pubblicazione -confida l’autrice- è nato il personaggio di Anna. Ho ascoltato quella “voce” dentro di me e, dandole la dovuta attenzione, mi ha spinto a dare vita a questa quarantenne siciliana, trapiantata a Roma per seguire il marito. In realtà credo sarebbe stato troppo autoreferenziale se fosse stata la sola protagonista. Così sono nati, man mano, Elisa, Carlo e Giovanni. E’ un romanzo non sull’amore, ma sull’incapacità di amare. C’è una grande difficoltà di venir fuori dal proprio io, d’ imporre le proprie idee e sogni. Un grande tema trattato in “Stasera Anna dorme presto”- continua la Lo Iacono(che letteralmente travolge con la sua energia e passione)- è il tradimento. Tradimento in primis verso sé stessi, tradimento di essere persone piene e di realizzare i propri sogni. Ognuno è alla ricerca di un significato, cercandolo l’uno nell’altro. È un continuo e forsennato rincorrersi alla ricerca di un quid, che in realtà è semplicemente dentro se stessi”.   

La poesia: un eterno mistero

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Buon pomeriggio! Vi riporto qui di seguito un bell'articolo di una mia amica, Adriana Pedicini, già docente di lettere classiche nei licei, autrice di una raccolta di racconti "I luoghi della memoria" (A. Sacco editore), che ha vinto il 1° premio nel concorso internazionale di Narrativa Taormina 2010, e di una silloge di poesie, Noemàtia (Linee infinite edizioni 2012), tra cui figura la poesia "Mare Monstrum", !° premio al premio internazionale di poesia Otto milioni 2013, assegnato dal comune di Terranova (Me). 
Adriana Pedicini ha curato anche "Da Europa a Europa", dispense didattiche sul teatro antico e sull'origine della civiltà occidentale. Ultimo suo lavoro è la raccolta lirica "Sazia di luce" (Edizione Il Foglio, Orizzonti). Grazie Adriana e benvenuta a bordo di questo blog! Buona lettura a tutti  :)



"Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci" tradotta letteralmente significa: "Ha ottenuto un consenso unanime chi ha mescolato l'utile al dolce (Orazio, Ars poetica, verso 343). In altre parole: "Raggiunge la perfezione chi sa unire l’utile al dilettevole”.
Con questo verso (e con quello seguente: ...lectorem delectando pariterque monendo, cioè: "...dilettando e insieme istruendo il lettore") Orazio intende assegnare alla poesia una funzione didascalica, d'insegnamento. Questo principio di poetica che Orazio fa suo è appreso dalla cultura ellenistica, sviluppatasi in un particolare momento, tanto per usare un termine moderno, di globalizzazione dei paesi grecizzati.
Ancora: “Il fine del poeta è: o giovare o dilettare o dir cose piacevoli e insieme utili alla vita. Ciò che inventa col proposito di dare piacere sia verosimile. Non pretenda la poesia che si presti fede a tutto ciò che vorrà far credere”.
“Si è fatta questione se una poesia sia lodevole per l’ingegno nativo o per l’arte. Io non vedo a che giovi lo studio senza vena, né l’ingegno senza cultura: l’una cosa ha bisogno dell’altra e vanno insieme concordi”


Certamente questo fine non esaurisce le infinite possibilità e le peculiarità della poesia, nonché richiama una serie di norme a cui, pur nella sua originalità, il poeta è tenuto a conformarsi.

“Non basta che le poesie siano belle artisticamente. Devono trascinare l’animo di chi le ascolta. La  massima parte dei poeti si lasciano attrarre dall'apparenza del giusto: per essere brevi si diventa oscuri, a chi cerca una forbita semplicità vien meno il nerbo e il sentimento, chi affetta il sublime dà nell'enfatico; chi teme guardingo la tempesta rasenta la terra, chi s’affanna a variare in modo meraviglioso e strano un soggetto per sé semplice, finisce col dipingere un delfino nei boschi, un cinghiale nel mare. Per fuggire un difetto s’incorre in un altro quando manca l’arte”.
Inoltre “Un soggetto acquisterà un’impronta personale  se non ci si perderà dietro il giro di fatti triti, aperti a tutti”.
A proposito del verso
 “Se non posso e non so conservare le funzioni assegnate ai diversi metri né il tono né il colore dei vari generi letterari perché lascio che mi dicano poeta? Perché con falso pudore preferisco ignorare piuttosto che apprendere? Consultate notte e giorno i modelli (Greci)”!
“Non tutti i critici avvertono la disarmonia del verso. Ma devo per questo scrivere a capriccio? Avrò schivato il biasimo ma non meritato la lode”.
Sì, perché anche il verso libero deve avere in sé una musicalità interiore percepibile sia dall'orecchio, sia dalla lettura. Ma cos'è la poesia? Quale il suo status? Quali le finalità? Deve essere asservita alla morale, alla politica, alla religione, a qualunque argomento dottrinario o riguarda solo l’interiorità individuale stricto sensu?
Secondo me, qualunque sia il contenuto, l’anima individuale costituisce pur sempre un filtro, sicché non esiterei ad affermare che la poesia è storia d’anima ma anche storia d’intelletto. Anche se l’invadenza delle forme raziocinanti in seno alla poesia rischiano di operare un’azione distraente e contaminante. Ma non sempre riesce di tener distinti i due piani della coscienza con il riversare nella prosa la considerazione critica e il discorso teorico e affidando invece al verso l’introspezione personale. Una cosa del genere si può notare in Leopardi, il quale, finché al canto era riservata l’esperienza puramente sentimentale come commemorazione autobiografica, si sentiva fedele alla propria estetica, ma non c’è dubbio che con gli anni subisse una evoluzione proprio nella direzione del contenuto concettuale e raziocinante. Evoluzione già avvenuta in Dante, evoluzione di tipo intellettualistico, che implicava una rinnovata coscienza della poesia e dei suoi contenuti. Anche per Dante si trattò di passare dai temi sentimentali alle proposte dottrinarie. Col mutare della sensibilità lirica, dunque, si trasforma anche il concetto della poesia, la sua funzione nell'ambito culturale, e pertanto gli stessi valori contenutistici.
 La filosofia dell’arte, da Aristotele all'età contemporanea, ha continuamente scandagliato nei modi del fare poetico, tentando di cogliere i significati multipli e improbabili della poesia, la quale non è esprimibile con funzioni finite di parole, poiché il suo oggetto proprio è ciò che non ha un solo nome, ciò che di per sé provoca e richiede più d’una espressione, ciò che infine suscita una pluralità di forme e di pronunce.
Dunque che cos'è la poesia?
I filosofi hanno spesso preteso di risolvere la complessità della domanda all'interno di sistemi chiusi e sul piano di astratte definizioni logiche; i poeti invece hanno fatto.
In questo loro fare forse è possibile fermare l’enigma dell’arte e svelarne certi percorsi. Dalla necessità di indagare appunto sul divenire del poiein l’estetica, nell'era moderna, comincia a misurarsi con le opere, con la riflessione che gli artisti svolgono sul proprio fare.

P. Valery riesce a pensare l’arte al di fuori degli schemi filosofici tradizionali come un gioco di metamorfosi e di trasformazioni in perenne fieri, che tende a creare un ordine artificiale e ideale per mezzo di una materia di origine ordinaria. Ma riesce soprattutto a collocare su un piano di ontologica autosufficienza ogni discorso poetico e ogni opera che vengono considerati come stadi di un lavoro che può essere quasi sempre ripreso e modificato, e questo stesso lavoro dotato di un valore proprio. Donde consegue che l’opera (la quale esige l’atto della fabbricazione) si configura fondamentalmente  come il risultato di un’azione il cui scopo finito è quello di provocare in qualcuno sviluppi infiniti, mentre l’artista è colui che giunge a possedere una conoscenza di se stesso spinta fino alla pratica e all'impiego automatico della propria personalità, della propria originalità.



Venghino signori venghino...

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Proposto da EstroLab, editrice del periodico culturale l’EstroVerso (www.lestroverso.it), nell'ambito della kermesse “Etna in Scena 2014”, la prima edizione di “versi verso versi”, declinazioni poetiche a cura di Grazia Calanna e Luigi Carotenuto, vedrà alternarsi, ognuno col proprio singolare fraseggio, poeti(Sebastiano Adernò, Saragei Antonini, Francesco Balsamo, Angela Bonanno, Giampaolo De Pietro, Vincenzo Galvagno, Raffaele Gueli, Antonio Lanza, Santina Lazzara, Michele Leonardi, Daita Martinez, Savina Dolores Massa, Sebastiano A. Patanè-Ferro, Margherita Rimi, Pietro Russo, Angelo Santangelo, Davide Spampinato, Francesca Taibbi, Luigi Taibbi,  Gisella Torrisi, Anna Vasta)accompagnati, ora dal silenzio, ora dalla leggiadria della musica dal vivo. Protagonista, la poesia, ovvero, per dirla citando Paul Celan, “una linea ad un tempo verissima e inesistente che indica una direzione attraverso molti territori”. “La serata – spiegano all'unisono Calanna e Carotenuto - sarà articolata in due momenti. Nella prima parte i poeti ospiti, provenienti da tutta la Sicilia, con la sola eccezione dell’autrice sarda Savina Dolores Massa (rappresentata dai propri versi inediti), leggeranno, alternandosi, una ricca selezione di poesie edite. Nella seconda parte, gli stessi, avendo aderito al progetto “l’infanzia in tre versi”, leggeranno i propri testi inediti, scritti per l’occasione. Nel contempo, gli spettatori potranno assistere alla proiezione di quindici scatti, sul medesimo tema, l’infanzia, realizzati da Rosario Leotta (Premio Arte Mondadori 2011) e ascoltare gli arpeggi della brava Laura Vinciguerra”. L’incontro si svolgerà a Zafferana Etnea, giovedì 28 Agosto, ore 20.30, nell’incantevole sito del Parco Comunale (Piazzale antistante la Palazzina Liberty che ospita la Biblioteca). Ingresso Libero. 

I curatori  


Luigi Carotenuto - Educatore, ha lavorato nell’ambito socio-pedagogico. Si occupa di critica letteraria per il periodico culturale l’EstroVerso(www.lestroverso.it), diretto da Grazia Calanna; ha curato la rubrica di poesia In conto letture, per la rivista Lunarionuovo, diretta da Mario Grasso (www.lunarionuovo.it). Ha pubblicato, oltre a saggi  letterari e racconti in volumi collettanei, le sillogi L’amico di famiglia(edizioni Prova d’Autore, Catania, 2008) eVi porto via(edizioni Prova d’Autore, Catania, 2011). Suoi racconti e saggi sono stati inseriti in volumi antologici di autori vari.



Grazia Calanna - Direttore Responsabile della Rivista culturale l’EstroVerso (www.lestroverso.it), dal 2001 collabora con il quotidiano LA SICILIA. È possibile leggere una selezione di articoli e interviste all’interno del blog “Nei dintorni del dire... di Grazia Calanna” (http://graziacalanna.blogspot.it/). Formatore in “Scrittura professionale, Editing e Comunicazione Didattica”, ha insegnato al C.I.S. (Corso Italiano Scritto – Facoltà di Lettere di Catania) e LAB.I.S. (Laboratorio Italiano Scritto - Università degli Studi di Catania). Presiede l’associazione culturale Estrolab con la quale cura Penne EstroVerse, incontri letterari itineranti, e i “Laboratori dell’Estro”, corsi di formazione in scrittura specialistica e creativa. Tra le pubblicazioni: “Crono Silente” (poesia edizioni Prova d’Autore 2011, prefazione di Savina Dolores Massa), “Sonetti 1 – 48” di William Shakespeare (traduzioni edizioni Prova d’Autore 2013). Suoi racconti e saggi sono stati inseriti in volumi antologici di autori vari. Responsabile Ufficio Stampa del MacS (Museo Arte Contemporanea Sicilia - www.museomacs.it).

Gli autori


Sebastiano Adernò - Dopo aver conseguito la Maturità decide di iscriversi alla Facoltà di Lettere Moderne all'Università degli Studi di Milano dove nel 2004 si laurea con un tesi in Storia e critica del Cinema.  Nel 2010 vince il Premio Ossi di Seppiae si classifica terzo al Premio Antonio Fogazzaro. Dopo l'opera prima Per gli anni a venire Lietocolle (2011) pubblica Kairos Fara Editore (2011),  In luogo dei punti per Thauma edizioni (2012) e una silloge dal titolo Ossa per sete edita dalla Nuova Magenta editrice di Varese (2012). È co-autore insieme a Leonardo Caffo del romanzo Luci sulle lucciole per Edizioni Montag (2012) e di Nuova Vandea (2013) un piccolo compendio di Resistenza edito da officineultranovecento.È da poco uscito il romanzo autobiografico Storia di una partita in salita  per MJM  di Meda (MB).


Saragei Antonini - Nel 2000 pubblica la raccolta di poesie Il cerino soggetto (primo premio ex-aequo al concorso di poesia Edda Squassabia, 2000 ) casa editrice La Vita Felice –  dopo qualche anno, nel 2004, esce la sua seconda raccolta  L’inverno apre un ombrello in casa ( terzo premio ex-aequo, per la poesia edita in lingua, al concorso internazionale di poesia Città di Marineo, 2005 ) casa editrice Prova d’Autore –
Nel 2010 pubblica la raccolta di poesie Sotto i capelli una naveEdizioni Forme Libere – Sue poesie sono nelle antologie La comunità dei vulcani ( quaderno siculo-polacco di poesia, 2006 ) della casa editrice GBM e Dedica d’amore edita da Prova d’Autore, 2007 – Nelle riviste “I racconti di Luvi”, “Lunarionuovo “, “Foglio d’aria”, “La terrazza” (dicembre 2010, edizioni Novecento), e “Laspro”, 2011.
In rete, in “Compitu re vivi” e nelle “Edizioni Neve”. Da qualche tempo è socio della casa editrice “incerti editori”.


Francesco Balsamo - Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Brera e Catania e alla facoltà di Lettere dell'Università di Catania. Sin dai suoi esordi si muove nell'ambito di una creatività composita, dove si intrecciano molte passioni: il disegno, la pittura e la scrittura in versi. Nel 2001 è tra i vincitori del premio Eugenio Montale – sezione inediti – con Appendere l'ombra a un chiodo, poesie pubblicate nell'antologia dei premiati edita da Crocetti nel 2002; nello stesso anno riceve il premio Sandro Penna, per l'inedito, con Discorso dell'albero alle sue foglie, edito da Stamperia dell'Arancio nel 2003. Recentemente (2010) pubblica con Incerti Editori la raccolta Ortografia della neve. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste («Hortus», «I racconti di Luvi», «Poeti e Poesia», «Ore piccole») e su antologie (Centro Montale - Vent'anni di poesia, Ci sono ancora le lucciole, Poeti e Poesia - Poeti nati negli anni sessanta, dieci poesie tradotte in polacco in La comunità dei vulcani). Una sua raccolta é stata tradotta in finlandese e pubblicata a Helsinki nel 2004. Dal 2003 numerose le sue partecipazioni a mostra personali e collettive in Italia ed est Europa.



Angela Bonanno - Nel 2003 ha esordito con una silloge di poesie in dialetto siciliano, Nuatri(Premio letterario Salvo Basso per l’inedito 2003), edizione Prova d’Autore. Sempre con la stessa casa editrice nel 2005 ha pubblicato “Setti Viti comu i  jatti” (Premio città di Marineo 2006). Con l’editrice Criluge Meridies ha pubblicato il poemetto “Cu sapi quannu”, nel marzo 2007. Premio Ercole Patti per la poesia agosto 2008. Marzo 2009 Amuri e Vàdditicon prefazione di Luigi Lo Cascio, editrice Uni-Service, Trento. Maggio 2010 Dumani ti scrivu, poesia per il teatro,  edizioni Forme-Libere, Trento (Premio Terre D’Agavi 2013). Con la casa editrice Paso de barca digital ha pubblicato l’antologia in spagnolo, Dejadme en paz Poemas escogitos, gennaio 2012. Sue poesie sono inserite in varie antologie e tradotte in polacco. Antologia della malata felice, Forme-Libere, Trento, dicembre 2011 è il suo primo romanzo, Segnalazione Speciale della Giuria Premio Brancati 2012. Premio Franco Fortini IV edizione con la raccolta  “Pani schittu” (CFR, 2014).


Giampaolo De Pietro - Ha pubblicato i libri di versi “Tre righe di sole” (Salarchi Immagini, Comiso 2008), “La foglia è due metà” (Buonesiepi Libri, Perugia-Rimini-Ragusa 2012) e “Abbonato al programma delle nuvole” (L'arcolaio, Forlì 2013).


Vincenzo Galvagno - Ha collaborato con "IsolaPoesia". È poeta lettore nei cicli "Notte della Poesia" e "Rito della Luce" organizzati dalla fondazione Fiumara d'arte. Sue poesie sono apparse su "Moby Dick", curata da Loretto Rafanelli, e su "VivereMilano", nella rubrica curata da Alberto Pellegatta.


Raffaele Gueli- Vive a Catania dove svolge la professione psicologo. Psicoterapeuta in formazione. In passato si è occupato di infanzia nei quartieri a rischio della periferia di Catania. Oggi il suo campo d'elezione è l'autismo e le patologie gravi. Il peccato di pregare è la sua seconda raccolta di poesie. Della prima, dolce dolcissimo vivere, ne è stata rappresentata una sceneggiatura teatrale. Vari sono i premi letterari vinti. Alcune sue poesie in vernacolo sono presenti in antologie. Tra le sue più recenti pubblicazioni il libro di poesia “Il peccato di pregare” (Thauma Edizioni).


Antonio Lanza - Laureato in Lettere Classiche con una tesi dal titolo "Avanguardia e futurismo nelle riviste letterarie catanesi (1907-1924)", dal 2010 svolge l'attività di libraio. Figura tra i poeti lettori della manifestazione IsolaPoesia, ideata e diretta da Giuseppe Condorelli e Paolo Lisi. È stato più volte ospite nei cicli Notte della PoesiaeRito della Luce, organizzati dalla fondazione Fiumara d'artedi Antonio Presti. Per una TV locale ha realizzato, insieme a Vincenzo Galvagno, una serie di interviste a poeti e scrittori, tra cui Maria Attanasio e Loretto Rafanelli. Sue poesie sono apparse sull'inserto culturale "Moby Dick" e su "l'EstroVerso".



Santina Lazzara - Assistente Sociale-Musicoterapista. Nella poesia trova la sintesi di tutto il suo amore per l’impegno sociale e per l’arte. Dal 2009 al 2012 ha collaborato con la rivistan  on-line Artuindenfair-ArtAir e col settimanale “Qui Mineo”; ha pubblicato con la Casa Editrice PAGINE e con Aletti Editori. E, inoltre,  in Blog  di Poesia quali Maurizio Landini e Salvatore Sblando. La sua prima pubblicazione è "Io vivo Là" (dicembre 2012). Dal 95 partecipa a reading e rassegne Culturali in tutta la Sicilia come: Spoken Word Poetry  “Suono Luce Segno Logos”,  a Milano, e al  “Rito della Luce” di Antonio Presti. Attualmente collabora al gruppo “Sicilia.Punto.Poesia”.


Michele Leonardi - Laureato in Lingue e Letterature Straniere, nel 2014 porta a termine il suo esordio cinematografico girando il cortometraggio "Morte Segreta", dopo anni di lavoro sul set come aiuto regia, casting director e assistente di produzione. Collabora attivamente sul territorio con alcuni tra i più longevi festival musicali in qualità di fotografo e videomaker, si diletta come social media manager e grafico, è curatore della rassegna di film in lingua originale dell'Università degli Studi di Catania, "Learn By Movies". Da oltre dieci primavere scrive per IlCibicida.com, dando respiro al suo primo amore. La sua prima silloge di poesie è ancora in attesa di un editore. Ha esordito con una selzione di proprie poesie sulla rivista culturale l’EstroVerso (www.lestroverso.it).


Daìta Martinez - Ha pubblicato (dietro l’una), segnalata alla 5° edizione del premio nazionale di poesia “Maria Marino”, e “la bottega di via alloro”, entrambi i libri per LietoColle. Segnalata e premiata a vari concorsi è presente in antologica con LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni. È  autrice de il dialetto daìta, e-book a cura di Sebastiano A. Patanè Ferro.



Savina Dolores Massa - Scrittrice sarda di narrativa, poesia, testi teatrali. È tra i fondatori della compagnia di spettacolo Hanife Hana teatro jazz. Cura il blog d’arte Ana la balena. Con il Maestrale ha pubblicato i romanzi Undici (2008), giunto nella rosa dei finalisti al Premio Calvino 2007; Mia figlia follia (2010); Cenere calda a mezzanotte(2013); la raccolta di racconti Ogni madre (2012). Da qualche anno, cura per la rivista l’EstroVerso,  la rubrica “L’Antro della Pizia”.


Sebastiano A. Patanè Ferro– Fin da giovanissimo coltiva la passione delle lettere che comincerà a sviluppare con impegno negli anni ‘80 quando fonda il centro culturale e d’arte “Nuova Arcadia” salotto di poesia e sede di numerosi reading. Numerose le pubblicazioni in riviste e giornali del periodo, sia nazionali che internazionali. Nel 1994 pubblica la raccolta poetica “Luna”. Nel 2011 la Clepsydra Ed. pubblica le “poesie dell’assenza”. Nel Giugno 2013, esce con  la silloge di poesie “gli angoli (aprono i loro acuti per ingoiarci)” datate 2010, introdotte da Anila Resuli, per conto della Smasher Edizioni e, sempre per la Smasher, nel febbraio 2014, il racconto “Ho incontrato un angelo”. Presente nelle antologie Metamotphosis, No job e Il cielo di Lampedusa editi rispettivamente da Versinvena, Smasher e Rayuela.


Margherita Rimi– Poetessa agrigentina, medico e  Neuropsichiatra Infantile, svolge da anni una intensa attività di prima linea per la cura e la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, lavorando in particolare contro le violenze e gli abusi sui minori e a favore dei bambini portatori di handicap. Fa parte della redazione della rivista  «Quaderni di Arenaria». Collabora  alle attività della Fondazione Antonio  Presti-Fiumara d’Arte- La Piramide e a varie riviste italiane di poesia: «L’Immaginazione», «Poesia», «Il segnale», «La mosca», «Quaderni di Arenaria». Fra i premi recenti ottenuti, il premio Laurentum 2012, e una Segnalazione Speciale “Stefano Giovanardi” Premio Brancati Zafferana 2013 per l’opera edita Era farsi Autoantologia 1974-2011 (Marsilio). Tra le sue raccolte di versi, sono da segnalare: Per non inventarmi,prefazione di Marilena Renda, Castelvetrano-Palermo, Kepos,2002; La cura degli assenti, prefazione di Maurizio Cucchi, Faloppio, LietoColle, 2007; Era farsi. Autoantologia 1974-2011 , prefazione di Daniela Marcheschi, Venezia, Marsilio, 2012.



Pietro Russo - Laureato in Filologia moderna con una tesi sulla ricezione del Petrarca nella poesia di Vittorio Sereni, attualmente in corso di pubblicazione presso Bonanno Editore, si occupa soprattutto di poesia italiana moderna e contemporanea. Collabora con varie piattaforme digitali con articoli e recensioni di natura letteraria, cinematografica e teatrale. Nel 2010 è uscita la sua prima raccolta poetica, Sono solo parole (Mef editore, Firenze). Altri suoi testi sono apparsi su riviste, antologie e blog di poesia.


Angelo Santangelo– Laureato in Lettere Classiche e specializzato in Filologia Classica con il massimo dei voti nel 2010.È insegnante di Lettere. Ha partecipato ad “IsolaPoesia” e ai cicli “Notte della Poesia”, “Rito della Luce”, realizzati da “Fiumara d'arte”. Ha pubblicato la silloge Tra i boschi di Fauno assonnato (edita da Le Farfalle, luglio 2012). Alcune poesie inedite sono apparse nella collana “Poeti e Poesia”, diretta da Elio Pecora, e  sul periodico culturale l’EstroVerso. Ha conseguito il primo premio al Concorso “Poesia d’Amare”, organizzato dalla Società di Mutuo Soccorso “Agostino Pennisi” di Acireale, con la poesia Lampedusa, nostra civiltà.



Davide Spampinato– Laureato in Lettere Moderne, ha esordito come poeta nella rivista culturale l’EstroVerso per la quale si è anche occupato di critica letteraria e traduzioni poetiche.



Francesca Taibbi nasce a Giarre (CT) nel 1981. Trasferitasi in Lombardia, dopo alcuni anni ritorna in Sicilia, nella sua città natale, dove consegue la maturità all'Istituto Tecnico Commerciale. Laureata in Lettere presso l'Università degli Studi di Catania, ha conseguito vari Master in Letteratura italiana e in Storia e Storiografia. Insegnante di Lettere, poetessa, saggista, traduttrice e critico letterario, collabora con la rivista letteraria l’EstroVerso. Ha collaborato con il periodico culturale Ebdomadario e con la rivista Lunarionuovo. Ha partecipato a numerosi readingpoetici e ha all’attivo varie pubblicazioni editoriali, tra cui la sua prima silloge poetica, Schegge (Prova d’Autore, 2013), un’antologia di traduzioni dei Sonetti Shakespeariani (Prova d’Autore, 2013) e un saggio critico sullo scrittore Enzo Marangolo (Baroni, Bombe & Balilla nella città delle cento campane, Prova d’Autore, 2013). Suoi racconti sono stati inseriti in due volumi antologici di autori vari.


Luigi TaibbiDiplomato con Maturità scientifica è iscritto al corso di studi filosofici della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania. Suona la chitarra (classica e acustica), compone musiche e scrive canzoni. “Accanto a me ne diluvio” è la sua prima pubblicazione (Prova d’Autore,2012). Cura per la rivista letteraria l’EstroVerso la rubrica “Notturni”. Suoi racconti sono stati inseriti in due volumi antologici di autori vari.


Anna Vasta - Docente di materie letterarie, collabora con recensioni critiche alla Pagina culturale del quotidiano La Sicilia, e con Letteratitudine di Massimo Maugeri, Ha pubblicato brevi saggi di poetica su Pelagos, rivista letteraria diretta dal poeta urbinate Umberto Piersanti. Ha esordito con: Confutazione delle religioni, De Martinis & C., Catania, 1993 con prefazione di Manlio Sgalambro. Traduzione dei dialoghi L-LX del De admirandis Naturae di Giulio Cesare Vanini. Nel 1999 la prima raccolta di poesie: La Curva del cielo per Amadeus Editore. Soligo. Seguono: I Malnati (Poesie), I Quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme, 2004 (finalista con menzione d’onore al Premio Brancati Zafferana 2005); Quaresimale (Poesie) Prova d’Autore, Catania 2006 (presentato alla V edizione del Festival nazionale di poesia-Riccione-2007); Sposa del vento (Poesie), Prova d’Autore 2008, Catania (finalista al Premio nazionale Le Alpi Apuane-Edizione 2008. Segnalazione speciale al Premio Città di Leonforte), Edizione 2008. Di un fantasma e di mari (Poesie), Prova d'autore – Catania 2011. Cieli violati (Poesie), Edizioni Ensemble 2013, presentato il 19 maggio 2013 al Salone del libro di Torino.

L’arpista



Laura VinciguerraIntraprende lo studio dell’arpa presso il Conservatorio G. Cantelli di Novara, sua città natale, otto la guida di Beatrice Mosca Bertola. Stabilitasi in Umbria prosegue i suoi studi al F. Morlacchi di Perugia con Sandra Binazzi. Durante la formazione frequenta un corso di perfezionamento con l’arpista Victoria Jordanova, docente presso l’american New Music Consortium di New York, risultando la migliore allieva della master-class. Si diploma al F. Morlacchi con il massimo dei voti e la lode, vincendo nello stesso anno una borsa di studio come migliore allieva ed esibendosi come arpista solista nell’Orchesta Sinfonica di Perugia. Si perfeziona con Catherine Michel, Judith Liber e Susanna Bertuccioli. Ha al suo attivo esperienze concertistiche sia come componente di gruppi cameristici che come solista, si è inoltre esibita in diversi ensemble orchestrali quali la Sinfonica Giovanile di Perugia, I Solisti di Perugia, la Sinfonica Giovanile di Viterbo, la Filarmonica Giovanile di Tubingen. L’Orchestra Femminile da Camera dell’Accademia Bielorussa si Minsk, L’Orchestra Lirica di Temi, La Kronstadt Philarmoniker di Brasov, L’Orchestra Giovanile Italiana sotto la direzione del M°Gabriele Ferro. Nell’anno giubilare suona a fianco del contrabbassista F.Grillo all’interno di una sacra rappresentazione itinerante nelle principali città italiane. Finanziata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si esibisce inoltre in diversi ensemble cameristici da lei fondati per i quali hanno scritto diversi nomi noti della composizione italiana contemporanea ( Gianluca Podio, Marino Baratello, Francesco Santucci, Pier Paolo Scattolin). Per Umbria Jazz nel 2005 partecipa con i Solisti di Perugia alla tournee italiana di F. Cafiso, giovane prodigio del sax, incidendo un cd del programma interamente dedicato a Charlie Parker. Viene ammessa per l’anno 2006/07 alla frequenza del corso di formazione orchestrale presso l’Accademia di Monteriggioni di Siena, tenuto dal M° Lu Jia. In marzo 2007 consegue la specializzazione di II livello in arpa con II0 e Lode. Nel giugno 2007 partecipa con i Solisti di Perugia alla tournee di F. Cafiso presso il Birland Jazz Club in New York. Ha inoltre inciso nel 2006 per l’etichetta Max Research il cd “Natural Flavours” dedicato al repertorio solistico e per arpa e voce con la soprano Annika Kaschenz, e nel 2007 il cd “Iles Flottantes” dedicato al repertorio per flauto e arpa con Andrea Ceccomori.  Attualmente ricopre il ruolo di l’arpa nell’orchestra Sinfonica di Perugia e dell’Umbria diretta dal M° Giuliano Silveri.

Il fotografo


Rosario Leotta - Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la scuola di fotografia dell’ILAS guidata da Ugo Pons Salabelle. Dal 2005 utilizza il mezzo fotografico come pretesto di espressione e ricerca, ottenendo svariati riconoscimenti ed esponendo il suo lavoro in mostre nazionali ed internazionali. Vive e lavora a Giarre (CT), Italia. Reduce dal successo della mostra “Singularity” a cura di Sabine Uhdris e Britta Acquistapace – Lo Studio – Büdingen/Frankfurt, Germany. Tra i numerosi premi: Honorable Mention Px3 Prix de La Photographie France– Fine Art Abstract – Professional Category (2013), Primo classificato e Targa d’Oro al Premio Arte Mondadori2011 sezione Fotografia (2011), (PX3) Prix de la Photographie, Paris – Argento nella categoria Fine Art (2011).


Ps. Cara Grazia Calanna, non potevi far partecipare qualche altra persona? Sono pochini... Comunque proprio perché sei tu e sei una gattara come me :)





Francesco Foti: “L’uomo nero” e la sua possibilità di redenzione

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(Tratto dal giornale chair, del 23 luglio 2013)

Ritengo che la macchina da scrivere con i suoi caratteri impressi con forza sulla carta, creando rilievi e piccole fossette, aiuti a mantenere una visione romantica della vita. E poiché mi considero un nostalgico romantico, adoro particolarmente tutto ciò che conserva in sé un aspetto ed un sapore antico. Di questo potrei parlare ore ed ore senza mai stancarmi, quindi magari al momento mettiamo un punto qui”.

Un ragazzo d’altri tempi, Francesco Foti, giovane cantautore, autore e poeta siciliano, amante del dialetto. Già il fatto che utilizzi oggi come oggi la mitica Olivetti Lettera 44 è una conferma dell’impressione che si ha quando lo si incontra: un sognatore, un romantico che vive ben piantato nel proprio tempo, pur distinguendosi dalla massa. Un animo pulito, sensibile e un po’ fanciullesco, che asseconda, senza vergognarsene, il bambino che scalpita, magari in modo  irrequieto, dentro di noi. Il tutto con estrema sensibilità, dolcezza e leggerezza. Sì, leggerezza. Perché c’è bisogno di leggerezza, semplicità, ironia, c’è voglia di ritornare a sognare, nonostante la dura realtà che ci circonda.
Foti ha già firmato, insieme ad Alessandro Canino e Rossano Eleuteri, le canzoni "L'amore è amore" e "Sarai", presenti nell'album "Io" di Alessandro Canino, edizioni ROS group, oltre ad aver pubblicato diverse opere con la casa editrice “Prova d’Autore”(vedi sito www.francescofoti.net).

Il primo singolo, “L’uomo nero”, acquistabile su iTunes, segna l’ esordio discografico di Foti come cantautore. Un tema delicato quello trattato ne “L’uomo nero”: la pedofilia.


“Il brano nasce come una dolce ninna nanna con la parola “nero” che salta qua e là tra le sue note. Pensando ai diritti dell’uomo e nello specifico a quelli dei bambini che sono sempre vittime innocenti. La “fusione” di parole e musica è stata un’alchimia incredibile, ho buttato tutto giù di getto senza fermarmi, limando solo pochissimo in seguito il testo. Il risultato è molto equilibrato ed efficace, e ritengo che la canzone mantenga una sua aura fiabesca nonostante la tematica trattata sia molto cruda. L’arrangiamento curato da Rossano Eleuteri ha conferito al tutto una morbidezza e un’atmosfera da sogno”.

Queste le parole dell’artista, che con umiltà e un pizzico di timidezza ha incontrato i giornalisti alla conferenza stampa mercoledì 17 luglio alla Pinacoteca-Biblioteca di Piazza Manganelli a Catania. Come ha affermato il poeta e critico letterario Luigi Carotenuto, “Francesco Foti ha composto la sua personale fuga, attraverso la fiaba, su un tema delicato, cioè la violenza sui minori”.


“L’uomo nero
Col cappello nero
E col mantello nero
Sembrerebbe Zorro
E non lo é…
L’uomo nero
Ha un medaglione nero
Il sentimento nero
E si direbbe losco
Almeno un po’…
L’uomo nero
Sopra il cuore nero
Indossa un bel maglione intero nero
Che lo stringe un po’…
L’uomo nero
Avvolto nel suo alone nero
Gira per i parchi in nero
In cerca di non so…
L’uomo nero
Senza volto intero
Dona caramelle e leccalecca
A un bimbo che incontrò…
L’uomo nero
Lascia un segno nero
Nella vita del bambino
Che ormai nero diventò…”


Forse, anzi molto probabilmente, questo inquietante  uomo nero è stato segnato a sua volta da un altro uomo nero. La vittima può diventare a volte carnefice. Oppure liberarsi, dopo un difficile, doloroso ma necessario percorso e diventare “bianco”, “come la fata delle nevi”. C’è sempre la speranza di redenzione. Per tutti.



Libreria Doralice: quando la realtà diventa una favola

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(Tratto dal giornale bimestrale Notabilis)


“Ho sempre amato le storie e quindi vivere tra i libri era il mio sogno”: mi  confida questo e molto altro nella nostra chiacchierata Viviana Montalto, titolare della libreria “Doralice” a Messina, in via Consolare Pompea 429/431, in uno splendido angolo di paradiso di fronte allo Stretto. E quando c’è amore e passione, la realtà si può trasformare in una favola. Viviana mi dà proprio l’impressione di una fatina, che consiglia con cura e attenzione. Una fatina, ovviamente, come ogni buona favola insegna, sta attenta all’ambiente che ci circonda e cerca di dare il buon esempio: Viviana, infatti,  usa  prevalentemente carta riciclata.
Ha, inoltre, molto rispetto per le culture altrui e riserva una particolare attenzione ai più piccoli. Quando mi ha detto che legge  storie ai bambini, ho pensato subito a Meg Ryan nel film “C’è posta per te”, la quale interpretava una libraia che incantava i suoi piccoli clienti con  fantastiche avventure.
Viviana è riuscita a creare un angolo delizioso, un luogo d’incontro con carattere e personalità, dove la magia si fonde con la realtà.


Cara Viviana, innanzitutto da dove proviene il nome  Doralice?  Quando è nata questa libreria a due passi dal mare?
Ho sempre amato le storie e quindi vivere tra i libri era il mio sogno. Fare la libraia mi sembrava la cosa più bella che potessi sperare! Ho aspettato tanto tempo prima di realizzare il mio sogno e finalmente nel novembre 2010 nella mia città in riva al mare è nata Doralice, dal greco "dono del mare" (o anche “dono dell'alba”), oltre ad essere un personaggio dell'Orlando Furioso, una bellissima principessa, romantica ma volubile e tentatrice. Inizialmente ho proposto questo mio progetto ad un'amica, che purtroppo dopo pochi mesi ha dovuto lasciare l'attività. La mia famiglia quindi mi ha supportato totalmente e così ho potuto continuare l'avventura con mio fratello; non smetterò mai di ringraziarli.

Tu hai dato un’impronta molto personale a Doralice: una scelta non comune è, ad esempio, la decisione di puntare sulla carta riciclata e di vendere anche oggetti artigianali a chilometro zero...
Ci tengo molto che il mio impatto sull'ambiente sia il meno dannoso possibile. Ogni mia scelta, personale e professionale, è legata al mio profondo rispetto per il pianeta. Spesso devo scendere a compromessi, ma faccio il possibile per essere il più coerente possibile: usare carta riciclata, ma anche quella FSC, credo sia la scelta più responsabile da parte degli editori. Molti sono i piccoli editori che si muovono in tal senso, molti di meno purtroppo i grossi nomi; fortunatamente esistono degli scrittori, e speriamo che siano sempre più numerosi, che esigono dal proprio editore libri stampati su "carta amica delle foreste".
Per quanto riguarda l'oggettistica devo dire che ho sempre prediletto i manufatti: ho cominciato a esporre le creazioni di Filly Cusenza, di Jessica D'Arrigo, lampade di Cristian Carcione, i taccuini di Laura Martines, le creazioni di Aequorea (Francesca De Domenico), gli accessori di Monica De Cesare e di Mariagrazia Pafumi e tanti altri. Quasi tutti messinesi, tranne Filly di Bagheria e Monica di Reggio Calabria, perché mi piace fare rete, collaborando con chi ha voglia di mettersi in gioco in una realtà cittadina e regionale che non ci aiuta come dovrebbe.



Tra le grandi firme e gli autori meno conosciuti, si possono trovare anche vari testi in lingua originale: rumeni, arabi, russi, ucraini, srilankesi. Come mai questa scelta?
Ho sempre preferito leggere in lingua originale laddove posso, in quanto credo che leggere un autore nella sua lingua sia indispensabile per conoscerlo davvero: ecco il motivo per cui ho provato a portare testi nelle più svariate lingue. A livello commerciale funzionano di più le lingue come l’ inglese, il francese e lo spagnolo, ma devo dire che  l'arabo mi ha stupito per il numero di vendite.



Una sezione della libreria è dedicata anche ai più piccoli, con splendidi libri di favole, anche in versione bilingue per far imparare la lingua. Diversi, inoltre, gli eventi organizzati per  i piccoli lettori…
 I piccoli lettori sono il mio primo pensiero: dedico molto spazio e tempo alla letteratura per l'infanzia, perché credo che il libro possa essere un grande amico, un ottimo passatempo e soprattutto il miglior modo per allargare il proprio universo. Sono convinta che il ruolo della letteratura nella crescita di un individuo sia fondamentale, uno stimolo insostituibile per la formazione di coscienze aperte alla comprensione del mondo. La lettura può essere quindi attività profondamente interculturale: ecco perché propongo anche libri bilingui o che parlano di tradizioni diverse dalla nostra.
I laboratori che facciamo sono vari: si va dalle letture animate di fiabe a  piccole messe in scena di storie meno conosciute, incontri con esperti e laboratori creativi. La prossima scommessa sarà un laboratorio per piccoli circensi con Mario Taviano, un professionista di Messina con esperienza pluriennale in giro per il mondo.


Tra i laboratori per i più grandi organizzati in passato, mi ha colpito “Terremoti di carta”, dove erano previsti anche conversazioni in lingua straniera prendendo spunto da opere letterarie, cinematografiche e artistiche. Ti va di parlarne ai lettori di Notabilis?
La collaborazione con Terremoti di carta è cominciata subito: Nancy Antonazzo, la presidente, mi ha contattato per chiedermi se avessi voglia di ospitare i loro laboratori di scrittura creativa e io non ho avuto dubbi. Ormai da tre anni ogni settimana si incontrano nel nostro salotto e ne sono orgogliosa; sono sponsor del loro concorso letterario da tre anni e l'anno scorso ho presieduto la giuria. È stato un grande onore!
Inoltre nel salotto di Doralice abbiamo organizzato tante presentazioni di libri, soprattutto autori emergenti locali, ma non solo, grazie anche alle amicizie instauratesi negli anni con diversi editori locali , come Pungitopo, Smacher, Navarra, Mesogea, e grazie a mio fratello Armando che con le sue "interviste" crea sempre un bel dialogo tra autore e pubblico. Certo, il lavoro promozionale di una piccola realtà indipendente come la nostra libreria è difficile e faticoso, ma ci mettiamo sempre impegno e tanto amore.

Un occhio sensibile verso l’estero, ma anche verso la realtà che ti circonda, come dimostra la mostra fotografica “Luoghi a perdere”
Da Doralice abbiamo organizzato concerti: un ringraziamento particolare lo voglio fare a i Big Mimma, che si sono offerti con grande amicizia per festeggiare con la loro musica la serata d'inaugurazione della libreria. Poi mostre fotografiche, esposizioni di pittori messinesi e da quest'anno nel salotto ogni lunedì Roberta Marchese incontra le sue allieve del corso di pittura.

Quali sono i progetti futuri? Cosa ci dovremo aspettare da tanta fantasia e intraprendenza?

Molti mi chiedono dove ho trovato il coraggio di aprire una libreria in questo momento non proprio felice per l'editoria italiana. Rispondo sempre che, se vuoi veramente una cosa, ci devi provare! Certo è molto faticoso, soprattutto per noi librai indipendenti, resistere alla pressione dei grandi marchi, ma combatterò con tutte le mie forze e mi auguro che arriveranno tempi migliori. Ho voluto aprire una libreria indipendente perché  mi piace poter gestire a 360 gradi l'offerta ai miei clienti e l'ho fatto in una zona della mia città bellissima e popolatissima, ma povera di attività perché volevo creare un "servizio culturale" lì dove non c'era. Quello che mi preme di più è che chi passa da Doralice si trovi bene, possa scegliere tra tante proposte e che non si senta mai solo un cliente, ma un amico. Sembra una sciocchezza ma qui capita a tanti di "sentirsi a casa"e di venire anche solo per una chiacchierata!  Quello che abbiamo fatto fino ad adesso somiglia quasi ad un miracolo, ma in realtà è frutto di tanta dedizione e lavoro da parte mia, del grande appoggio della mia famiglia e soprattutto della risposta dei miei clienti a cui va tutta la gratitudine.


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